(Tribunale di Cagliari in composizione collegiale, prima sezione civile, ordinanza del 19 dicembre 2018)

L’art. 2929 bis c.c., di recente introduzione (D.L. n. 83/2015, convertito con la Legge n. 132/2015), prevede la possibilità per il creditore, pregiudicato da un atto del debitore “di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito”, di procedere direttamente ad espropriazione forzata senza dover previamente esperire (ed attenderne i tempi) l’azione revocatoria.

Il legislatore, con l’introduzione del suddetto articolo, ha inteso introdurre una misura di favore per il creditore contro gli atti compiuti a titolo gratuito dal debitore, consentendogli l’espropriazione contro il terzo proprietario, come se il bene fosse libero, senza dover previamente ottenere una sentenza dichiarativa dell’inefficacia dell’atto dispositivo contestato.

Tuttavia – appare opportuno evidenziarlo –, l’azionabilità del rimedio previsto all’art. 2929 bis c.c. presuppone che il creditore sia (già) munito di titolo esecutivo, che l’atto dispositivo arrechi in concreto un pregiudizio alle ragioni creditorie e che la trascrizione del pignoramento avvenga entro l’anno dalla trascrizione dell’atto di alienazione o di costituzione del vincolo d’indisponibilità.

Con particolare riferimento agli atti di alienazione a titolo gratuito, la più attenta dottrina ha ritenuto che vi rientrino non solo gli atti donativi, caratterizzati da gratuità e spirito di liberalità ma, più in generale, gli atti di alienazione di beni immobili e mobili registrati a titolo gratuito. Il criterio orientativo è stato individuato in sede di elaborazione dottrinale nella circostanza che la gratuità dell’atto risulti documentalmente, ovverosia dal titolo, e non debba essere oggetto di accertamento giudiziale.

Nel quadro così descritto si inserisce la vicenda oggetto del pronunciamento in epigrafe, laddove il creditore sottoponeva direttamente a pignoramento l’immobile acquistato dalla figlia minorenne del debitore, sul presupposto che si vertesse in una ipotesi di donazione indiretta di immobile (dall’atto pubblico risultava che il padre avesse corrisposto il denaro necessario per l’acquisto) e che la stessa potesse rientrare nella categoria degli “atti di alienazione a titolo gratuito” compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori.

Il terzo proprietario e il debitore proponevano opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. contestando il diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata motivandolo, in via principale, con l’inapplicabilità dell’art. 2929 bis c.c. alle ipotesi di donazione indiretta, non potendo rientrare tale fattispecie nelle ipotesi di alienazione di un bene del debitore a titolo gratuito. I

l Giudice dell’Esecuzione di Cagliari, letti gli atti e accogliendo le ragioni dei ricorrenti, sospendeva con ordinanza l’esecuzione e fissava un termine perentorio per l’eventuale introduzione del giudizio di merito.

A seguito di reclamo da parte del creditore avverso l’ordinanza del G.E., il Collegio confermava l’ordinanza del giudice di primo grado osservando che l’atto dispositivo contestato, lungi dall’essere a titolo gratuito, era formalmente una compravendita e il prezzo pagato, laddove (eventualmente) corrisposto dal genitore e non dalla figlia, configurava una fattispecie di liberalità indiretta che rendeva (e rende) necessario l’accertamento giudiziale della natura di donazione indiretta. La causa gratuita deve dunque ricavarsi dall’atto e non può considerarsi di per sé esistente in tipi negoziali la cui causa concreta non consenta di ritenere integrato tale requisito.

Del resto, l’intervento novellatore ha inteso introdurre una misura di favore per il creditore nei confronti dei soli atti che diminuiscono la garanzia generica del debitore, costituita da beni immobili e mobili registrati facenti parte del patrimonio di quest’ultimo. Nel caso in esame, conclude il Collegio, è di evidenza lampante che il bene esce dal patrimonio di un terzo e non da quello del debitore e pertanto il reclamo non può trovare accoglimento.