A cura dell’Avv. Valeria Manca
I provvedimenti assunti in Italia per contrastare l’attuale emergenza sanitaria in corso, con particolare riferimento alle note limitazioni alle libertà di circolazione e movimento, stanno suscitando forti dubbi in tutti quei genitori separati o divorziati che non vivono con i propri figli e si chiedono se, alla luce dell’evolversi della crisi e dal susseguirsi della decretazione d’urgenza, possano ancora mantenere con gli stessi i medesimi rapporti di prima, spesso cristallizzati in provvedimenti emessi in sede di separazione, divorzio o affidamento dei figli.
Pare senz’altro opportuno iniziare con un breve excursus delle disposizioni contenute nei vari D.P.C.M. (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) che si sono susseguiti nel tempo, attualmente in vigore, limitativi della libertà di spostamento.
Il D.P.C.M. del 9 marzo 2020 ha esteso a tutto il territorio nazionale le disposizioni di cui all’art. 1, lettera a), del precedente Decreto dell’8 marzo 2020 che vietava “ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché’ all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.
Le prime indicazioni sulla possibilità, per i genitori, di spostarsi per vedere i propri figli, si trovavano nelle F.A.Q. predisposte dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (che vengono aggiornate di volta in volta a seguito dell’emanazione dei provvedimenti), e in una nota del Ministero della Salute (pubblicata in data 13 marzo) ove veniva chiaramente precisato che, gli spostamenti del genitore non affidatario per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti.
Successivamente ai primi divieti, si pronunciava il Tribunale di Milano, con Decreto dell’11 marzo 2020, disponendo che – a precisa domanda di uno dei genitori – le parti dovessero attenersi alle previsioni stabilite col verbale di separazione consensuale, con la seguente motivazione: “ … ritenuto che le previsioni di cui all’art. 1, comma 1, Lettera a), del DPCM 8 marzo 2020 n.11 non siano preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la “residenza o il domicilio”, sicché alcuna “chiusura” di ambiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti…”.
Col D.P.C.M. del 22 marzo 2020, il Governo ha limitato ulteriormente gli spostamenti consentiti, stabilendo con l’art. 1, lett. b), che: “… è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’art. 1, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020 le parole “E’ consentito il rientro presso il domicilio, abitazione o residenza” sono soppresse…”. L’efficacia di tali provvedimenti, stabilita inizialmente fino al 3 aprile 2020, è stata prorogata al 13 aprile 2020 col D.P.C.M. del 1° aprile 2020 (in Gazzetta Ufficiale n. 88 del 02.04.2020).
L’introduzione di tali ulteriori restrizioni pone un problema in ordine alla possibilità, per i genitori separati e residenti in comuni diversi, di recarsi a far visita ai propri figli e/o condurli presso di sé. Problema che, invero, non si pone laddove i genitori vivano nel medesimo comune.
Più precisamente, l’esercizio del diritto di visita può qualificarsi come motivo di assoluta urgenza e pertanto giustificare lo spostamento da un comune ad un altro?
Non vi è dubbio che, attualmente, vi sono due linee interpretative: la prima ritiene lo spostamento sempre giustificato, facendo prevalere il superiore interesse del minore al rapporto con entrambi i genitori; un’altra, invece, sostiene che lo spostamento sia da ritenersi vietato, in quanto non correlato da un motivo di assoluta urgenza, e che debba prevalere il diritto alla salute del bambino, nonché, più in generale, il diritto alla salute pubblica.
Da ultimo, sul punto, si è espresso il Tribunale di Bari, con una recente Ordinanza del 26 marzo 2020, con la quale è stata disposta la sospensione delle visite paterne e la sostituzione dell’incontro fisico con strumenti informatici quali videochiamata “Skype” e similari, per periodi di tempo uguale a quelli fissati nel calendario della separazione.
Pare opportuno riportare integralmente le motivazioni adottate a sostengo della predetta Ordinanza:
“… rilevato, invero, che gli incontri dei minori con genitori dimoranti in comune diverso da quello di residenza dei minori stessi, non realizzano affatto le condizioni di sicurezza e prudenza di cui al D.P.C.M. 9/3/2020, ed all’ancor più restrittivo D.P.C.M. 11/3/2020, dal D.P.C.M. 21/3/2020, e, da ultimo, dal D.P.C.M. del 22/3/2020, dal momento che lo scopo primario della normativa che regola la materia, è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio, (attualmente con divieto di spostarsi in comuni diversi da quello di dimora), tesa al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini ed anche dei minori;
ritenuto che non è verificabile, che nel corso del rientro il minore presso il genitore collocatario, se il minore, sia stato esposto a rischio sanitario, con conseguente pericolo per coloro che ritroverà al rientro presso l’abitazione del genitore collocatario;
ritenuto che il diritto – dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale momento emergenziale, è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie, a mente dell’art. 16 della Costituzione, ed al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost.;
ritenuto, quindi, che, fino al termine del 3 aprile 2020, indicato nei predetti DD.PP.CC.MM., appare necessario interrompere le visite paterne, e che è necessario disporre che, fino a tale data, il diritto di visita paterno sia esercitato attraverso lo strumento della videochiamata, o Skype, per periodi di tempo uguali a quelli fissati, e secondo il medesimo calendario …”.
Il Tribunale di Bari, pertanto, ha ritenuto dare una interpretazione rigorosa del disposto normativo, teso alla tutela della salute pubblica, interesse primario, anche a discapito del pur sempre importate diritto di visita in capo al genitore non affidatario, ritenendo che i rischi legati allo spostamento dovessero prevalere su tutte le altre circostanze.
Si potrebbe però argomentare che, tale rischio, seppur minore, sussiste anche negli spostamenti nel medesimo comune atteso che, il minore, entrerebbe in contatto con due nuclei famigliari differenti, sempre col rischio di essere comunque esposto ad un rischio di contagio.
Inoltre, nelle F.A.Q. della Presidenza del Consiglio dei Ministri (http://www.governo.it/it/faq-iorestoacasa), aggiornate agli ultimi interventi normativi, a precisa domanda (Sono separato/divorziato, posso andare a trovare i miei figli minorenni?), gli spostamenti restano consentiti. Si riporta integralmente il testo della risposta: “Gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”.
Pertanto, attualmente, la situazione appare quanto meno controversa e forse, in attesa di un intervento chiarificatore, occorrerà utilizzare delle regole di buon senso e, per quanto possibile, attenersi alle restrizioni stabilite a tutela del primario interesse della salute e finalizzate al contrasto dell’epidemia in corso laddove vi è il rischio di mettere a rischio la salute del proprio figlio e non solo.
Si riportano, in calce, i provvedimenti citati nel presente contributo onde poter essere agevolmente consultati.